“Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere... Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al Geometra Anzalone e diremo no a tutti quelli come lui”. Era il 10 gennaio 1991: esattamente 30 anni fa il Giornale di Sicilia - che oggi vi dedica la ‘prima’ e due ricche pagine interne - pubblicava la lettera-denuncia di Libero Grassi al ‘caro estortore’, con cui l’imprenditore tessile diceva no al racket e agli emissari della mafia. Un atto di ‘naturale ribellione’ per un uomo e un imprenditore onesto che, però, gli costò la vita: fu ucciso il 29 agosto del 1991, in un contesto di silenzi, solitudine e sottovalutazione. 

“Oggi per fortuna non è più così. Mio padre dovette scegliere di mettere in campo un’azione così plateale - dice Alice Grassi al Giornale di Sicilia - nel tentativo di scuotere le coscienze. Di questi tempi chi voglia denunciare il pizzo lo può fare in sicurezza, senza rischiare, assistito dalle associazioni. Se questo è accaduto è anche merito suo”. Resta fermo, denuncia, il progetto di un parco intitolato a Libero che ridarebbe vita e bellezza alla costa sud di Palermo: “Siamo fermi ancora alla faccenda della bonifica. In questa fase tutto è in mano alla Regione. Il fatto è che non si può perdere una tale quantità di tempo per fare le cose. Ogni 29 agosto a parole ci sono molte promesse e tanta buona volontà. Ma appena passa quella data non se ne parla più...”.

Libero Grassi

 

Condividi: